sabato 14 febbraio 2015

BELLE E SÉBASTIEN

Titolo: Belle e Sèbastien;  
Regista: Nicolas Vanier; 
Attori: Con Fèlix Bossuet, Margaux Chatelier, Dimitri Storoge e Tchèky Karyo; 
Durata: 98 min; 
Genere: Avventura; 
Produzione: Francia, 2013;
Premi: -.

“Belle e Sèbastien” è un film francese diretto da Nicolas Vanier del 2013.

Il film è ambientato sulle Alpi francesi nel 1943 durante l’occupazione nazista. Il protagonista è Sèbastien, un bambino orfano di 7 anni, cresciuto con un anziano pastore di nome Cesar e la nipote Angelina. Sèbastien trascorre le sue giornate scorrazzando libero sulle alte montagne, quando incontra un cane selvatico e probabilmente maltrattato, scappato da qualche villaggio vicino. Dopo questo incontro, nascerà una vera e propria storia di amicizia e affetto tra l’animale, considerato dai montanari e dai soldati tedeschi una bestia pericolosa e aggressiva, e l’innocente bambino. Sèbastien lo chiama Belle per la sua bellezza, il pelo bianco, il corpo massiccio e la dolcezza del suo sguardo. Insieme cominceranno a conoscere, anche nel loro piccolo, l’orrore della guerra e le tragedie della vita, tra battute di caccia, irruzioni e controlli delle SS, lunghe e disperate fughe di famiglie ebree verso il confine.

Commovente, candido e non privo di colpi di scena sia nella trama che nella scenografia. Le immagini delle Alpi sono uno sfondo paradisiaco, tra il verde dei pascoli, il bianco della neve e dei ghiacciai e l’azzurro del cielo.   

Da sottolineare, è come il regista abbia saputo perfettamente enfatizzare la vera nobiltà (e anche bontà) d’animo della gente di montagna.

Il cast è composto da una lista di nomi sconosciuti al grande pubblico. Vanier, regista e scrittore francese, amante della montagna e di tutto ciò che ci sta intorno, ha scelto le facce giuste per tutti i ruoli: il piccolo Fèlix Bossuet (Sèbastien), Margaux Chatelier (Angelina), Dimitri Storoge (Dottor Guillaume) e l’unica presenza nota, almeno al pubblico francese è quella di Tchèky Karyo (Cesar), protagonista di Nikita (1990).

Ottimo esempio di come una storia reale, diventata prima sceneggiato e poi cartone animato, possa splendere con la giusta cornice e contestualizzazione storica.

Il mio giudizio è “Sicuramente da vedere” perché ti lascia pensieri, sorrisi e il ricordo di un rapporto indissolubile e incredibile tra due anime innocenti, un bambino e un cane, all’interno di un teatro di guerra ridotto, ma pur sempre presente.

Voto: 8/10.

Un pensiero e un sorriso dallo spettatore Alessio


Citazioni: “Lui non è solo”.

domenica 21 settembre 2014

QUANDO C'ERA BERLINGUER

Titolo: Quando c’era Berlinguer  
Regista: Walter Veltroni; 
Attori: -; 
Durata: 117 min; 
Genere: Documentario; 
Produzione: Italia, 2014;
Premi: -

“Quando c’era Berlinguer” è un documentario del politico, giornalista e scrittore Walter Veltroni, dedicato a una figura chiave della politica italiana del dopo guerra, Enrico Berlinguer.

Puzzle di immagini e foto degli anni passati, interviste e testimonianze odierne.

Il documentario racconta la vita politica del leader più amato e rispettato in Italia. 

Veltroni presenta una figura passata, ne evoca il modello e sottolinea quella straordinaria capacità di raccogliere fiducia, stima e speranze, prima del consenso elettorale.

Si rivive da un lato la pacatezza e signorilità di un uomo semplice contrapposta all'austerità, alla tenacia e al coraggio di un politico vero.

“Un uomo della classe operaia e del popolo. L’uomo del nuovo socialismo e della lotta per la pace. Una grande forza politica e morale della democrazia italiana. Un uomo giusto.” 
(cit. L’Unità, 1984)

“Un uomo introverso e malinconico, di immacolata onestà e sempre alle prese con una coscienza esigente, solitario e di abitudini spontanee, più turbato che allettato dalla prospettiva del potere e una perfetta buona fede, di cui ci resta un programma sociale, politico, economico, etico e morale, non scritto, ma basilare per il futuro democratico e di progresso del nostro Paese.” 
(cit. Indro Montanelli)

Un paio d’ore di nostalgia per chi c’era e di storia per chi non era ancora nato.

Il messaggio di Veltroni non sembra celato: il rimpianto di chi ha fatto la storia e il peccato mortale di non essere stati in grado di mantenere acceso quel fuoco politico, faticosamente difeso e rinvigorito da quel piccolo grande uomo. Il continuo domandarsi se il PCI sia morto con Berlinguer, ne è un indizio e il degrado politico odierno è la prova!

Il mio giudizio è “Si può vedere”: si tratta di un documentario ben fatto che racconta la vita pubblica di Berlinguer, sottolineando i cambiamenti, le idee, le vittorie, le sconfitte e le critiche. Veltroni non si nasconde mai, nel bene e nel male. Talvolta sembra voler rivendicare un “Io c’ero quando c’era Berlinguer”, dimenticando poi di narrare un “Io c’ero (purtroppo) quando non c’è più stato Berlinguer”.

Voto: 7/10.

Un pensiero e un sorriso dallo spettatore Alessio

Citazioni: “Qualcuno era comunista perché Berlinguer era una brava persona”, “Lavorate tutti, casa per casa, azienda per azienda, strada per strada, dialogando con i cittadini con fiducia per le battaglie che abbiamo fatto, per le proposte che presentiamo, per quello che siamo stati e siamo..." e “È una parola che non mi ha mai fatto paura, la parola “comunista” a me in Italia, perché la associo con quella correttezza, la associo con quella faccia, con quelle parole, con quella onestà e quindi continua ad essere nei miei ricordi una parola bella che muore con chi in qualche modo l’ha inventata”.

domenica 4 maggio 2014

BASTARDI SENZA GLORIA

Titolo: Bastardi senza gloria;  
Regista: Quentin Tarantino; 
Attori: Brad Pitt, Christoph Waltz, Eli Roth, Mélanie Laurent, Diane Kruger, Michael Fassbender; 
Durata: 160 min; 
Genere: Azione; 
Produzione: USA, Germania, 2009;
Premi: 1 Premio Oscar 2010 “Miglior attore non protagonista” a Christoph Waltz, 7 Nomination Premio Oscar 2010 “Miglior film”, “Miglior regia”, “Miglior sceneggiatura non originale”, “Miglior fotografia”, “Miglior montaggio”, “Miglior montaggio del suono” e “Migliori effetti speciali sonori”; 1 Premio “Miglior attore” a Christoph Waltz al Festival di Cannes 2009; 1 Nastri d’Argento 2010 “Miglior film extraeuropeo”; 1 David di Donatello 2010 “Miglior film straniero”; 1 Golden Globes 2010 “Miglior attore non protagonista” a Christoph Waltz, 3 Nomination Golden Globes 2010 “Miglior regia”, “Miglior sceneggiatura” e “Miglior film drammatico”.

“Bastardi senza gloria” è un film di Quentin Tarantino diretto “alla Quentin Tarantino”.

Il film è ambientato nella Francia occupata dai nazisti durante la seconda guerra mondiale. La trama intreccia le storie della giovane ebrea Shosanna e del tenente americano Aldo Raine. La ragazza, unica superstite della famiglia perpetrato dal colonnello delle SS Hans Landa, si è rifugiata a Parigi e diventa proprietaria di una sala cinematografica, mentre il tenente è a capo di una plotone particolare di otto soldati ebrei  chiamati i “Bastardi”. Essi combattono la loro guerra contro i nazisti allo scopo di vendicarsi e di espandere il terrore tra le fila tedesche. Marchi di fabbrica delle loro azioni sono l’usanza di togliere lo scalpo ai loro nemici dopo averli uccisi e marchiare la fronte con una svastica per i più fortunati che vengono lasciati vivere. La svolta della pellicola è l’incontro con una particolare spia americana, l’attrice tedesca Bridget Von Hammersmark finito in una vera e propria mattanza. L’indagine sulla sparatoria sarà affidata proprio al colonnello Landa, mentre Aldo riceverà una nuova missione: uccidere tutte le più alte cariche del Terzo Reich e Adolf Hitler durante la prima visione di un film prodotto per propaganda dalle SS. La sala cinematografica scelta per questo avvenimento è quella di Shosanna e a questo punto i colpi di scena non possono di certo mancare.

I tre protagonisti sono Brad Pitt, nel ruolo di Aldo Raine con il suo fare duro e imperturbabile, Mélanie Laurent nel ruolo di Shosanna, e l’attore austriaco Christoph Waltz, che interpreta il colonnello Hans Landa, precedentemente sconosciuto al pubblico, ma la vera sorpresa per la magistrale recitazione. Arricchiscono il cast Michael Fassbender (il tenente Archie Hicox), la bellissima bionda Diane Kruger (la spia Bridget), Daniel Bruhl (il soldato-attore Zoller), Gedeon Burkhard (il caporale Wichi) e Eli Roth (il sergente Donowitz).

La pellicola mescola un po’ di sensazioni: l’ironia della prima parte, l’azione nella parte centrale e finale e la riflessione sull’orrore della guerra (il sangue, il fuoco e la morte). Lo spettatore non può riconoscere la mano del regista e anche il suo volto all’inizio: nel complesso però l’eccessiva durata non gioca a favore del ritmo e della fluidità delle scene.  

Restano nella mente certamente le “bloody scenes” e il finale nella sala cinematografica, tempio che racchiude il significato e l’essenza stessa del film.

Il mio giudizio è “Si può vedere”: oggettivamente un film ben girato, ricco di colpi di scena, di azione e di effetti visivi, ma un po’ lungo e senza “quel colpo di coda” che l’avrebbe reso intramontabile.

Voto: 7,5/10.

Un pensiero e un sorriso dallo spettatore Alessio


Citazioni: “Perché io so di quali incredibili azioni siano capaci gli esseri umani una volta che abbiano rinunciato alla propria dignità.”, “La possibilità di accoppare lo zio Adolfo fa cambiare colore al cavallo” e “Questo potrebbe essere il mio capolavoro…”.

sabato 19 aprile 2014

PANCHO VILLA, LA LEGGENDA

Titolo: Pancho Villa, la leggenda;  
Regista: Bruce Beresford; 
Attori: Con Antonio Banderas, Eion Bailey, Alan Arkin, Jim Broadbent, Matt Day, Colm Feore, Kyle Chandler; 
Durata: 112 min; 
Genere: Drammatico, Biografico; 
Produzione: USA, 2003;
Premi: 1 Nomination Golden Globes 2004 “Miglior attore miniserie o film tv” a Antonio Banderas.

“Pancho Villa, la leggenda” è un film di Bruce Beresford prodotto dalla HBO, una delle più popolari emittenti via cavo degli Stati Uniti.

Il film è ambientato durante la rivoluzione messicana, quando un movimento armato di agricoltori, operai, anarchici si ribellano alla dittatura di Porfirio Diaz. In questo periodo, il generale rivoluzionario Pancho Villa stringe uno storico accordo con il produttore statunitense David Wark Griffith per portare al cinema un documentario sulla sua guerriglia in cambio di 25,000 dollari. Il tramite fra i due è il giovane produttore Frank Thayer che si ritroverà a guidare un gruppo di operatori in mezzo alle battaglie. Nasce così il lungometraggio che non sarà subito un successo e creerà problemi fra Frank, fresco laureato di Harvard University, e il temuto generale Pancho Villa.

La pellicola si concentra fortemente sul rapporto fra i due personaggi principali: le loro profonde differenze verranno assottigliate pian piano dalle forti motivazioni che spingono la rivoluzione, il senso di giustizia e di libertà. Ciò nonostante la rivoluzione messicana durata per sette anni dal 1910 rimane molto sfuocata e sempre sullo sfondo: non è mai veramente protagonista.

La storia del generale messicano che ancora oggi è molto controversa, si arricchisce di perplessità dopo la visione di questo film. Il personaggio in questione risulta ancor più ambiguo, costantemente in bilico tra la figura del generoso e coraggioso eroe e quella di un becero e barbaro assassino.

L’emittente HBO ha formato un cast di tutto rispetto. Il ruolo centrale e suggestivo di Pancho Villa è stato affidato al volto di Antonio Banderas, mentre Frank Thayer è interpretato dall’attore statunitense Eion Bailey, apparso molte volte in famose serie tv come “Buffy l’Ammazzavampiri”, “Dawson’s Creek” e “Band of Brothers”. Completano il gruppo di attori Alan Akrin, nel ruolo del pistolero di Brooklyn Sam Drebben, Jim Broadbent (Harry Aitken), Colm Feore (D.W. Griffith) e Kyle Chandler (Raoul Walsh).

Il tentativo di riprodurre una particolare ed interessante vicenda di inizio ‘900 è risultato poco incisivo e molto deludente.

Il mio giudizio è “Non lo consiglio” perché il film inibisce e annebbia l’importanza e la suggestività della storia. Il finale poi lascia lo spettatore con molta confusione in testa.

Voto: 4,5/10.

Un pensiero e un sorriso dallo spettatore Alessio


Citazioni: “L’ora è arrivata, l’ora della liberazione del Messico è arrivata! Di fronte a noi non c’è Torreon, c’è il futuro!”.

PORCO ROSSO

Titolo: Porco Rosso;
Regista: Hayao Miyazaki;
Durata: 94 min;
Genere: animazione;
Produzione: Giappone, 1992.
Premi: 2 Mainichi Film Concours 1993 "Miglior Film d'Animazione" ad Hayao Miyazaki, "Migliore Colonna Sonora" a Joe Hisaishi

"Porco Rosso" è la sintesi del pensiero del regista giapponese Hayao Miyazaki.

Regista cardine dell’animazione giapponese ha realizzato un film denso di sfaccettature.

Il protagonista è Marco Pagot un pilota italiano di aerei da guerra sopravvissuto alla primo conflitto mondiale. La guerra gli ha lasciato un fisico marchiato e segnato dall'orrore e un animo disilluso: tutto ciò è sintetizzato in un volto che è diventato simile a quello di un maiale. Marco diventa pessimista, anarchico e non crede più ne agli uomini ne al futuro. Schieratosi contro il nascente partito fascista, si ritrova a guadagnarsi da vivere dando la caccia con il suo idrovolante rosso a veri e propri pirati dell’aria che scorrazzano sul mar Adriatico. Lo scontro con un abile pilota americano, Donald Curtis, ingaggiato dai Pirati dell’Aria e l'incontro con una ragazza, Fio, nipote di un costruttore di aerei, gli daranno quell'energia necessaria per continuare ad andare avanti: una nuova motivazione per vivere o, per meglio dire, sopravvivere.

Un film importante e non semplice da capire alla prima visione: tanti temi sono presenti, l'amore, il dolore, la guerra, la pace, la politica, l'ingiustizia...

L’autore Miyazaki, genio e firma anche di altri due totem dell’animazione giapponese come “Nausicaa della valle del vento” e “La città incantata”, è stato ancora una volta minuzioso nella scelta dei personaggi, del periodo storico e della trama in sé: tutte caratteristiche difficili da notare per uno spettatore inesperto (come me). Nonostante la mia scarsa conoscenza dell’ideatore, credo sia doveroso sottolineare il fortissimo e centratissimo contrasto tra il contesto storico, l’Italia degli anni venti, folgorata e orgogliosa dell’ascesa fascista e l’ambientazione, una parte spettacolare e sconosciuta del mar Adriatico. L’autore sembra metterci in guardia sul fatto che anche dal più incantevole angolo del paradiso terrestre può crescere il germe del totalitarismo e dell’ingiustizia.

Per quanto riguarda la versione doppiata in italiano è giusto sottolineare l’interpretazione di Massimo Corvo, attore del piccolo schermo e grande doppiatore in numerose serie televisive "crime" di Fox e voce fuoricampo in molte produzioni Rai.

Il mio giudizio è "Si può vedere" stando ben attenti ad ogni parti particolare: suggerisco di rivolgere un occhio, quello più incline alla spensieratezza e alla leggerezza, verso l’animazione e la trama e l'altro, quello un po' romantico e anarchico, verso quelle similitudini che si possono riscontrare nella società del giorno d'oggi.

Un pensiero e un sorriso dall'amico Alessio.

Voto: 7/10


Citazioni: "Meglio porco che fascista", "Un porco senza ali è solo un porco".

sabato 12 aprile 2014

LA GRANDE BELLEZZA

Titolo: La grande bellezza;  
Regista: Paolo Sorrentino; 
Attori: Toni Servillo, Carlo Verdone, Sabrina Ferilli, Carlo Buccirosso, Maria Rosaria Forte, Pasquale Petrolo, Galatea Ranzi, Pamela Villoresi, Isabella Ferrari, Giovanna Vignola, Roberto Herlitzka; 
Durata: 150 min; 
Genere: Drammatico; 
Produzione: Italia, Francia, 2013;
Premi: 1 Premio Oscar 2014 “Miglior film straniero”; 3 Nastri d’Argento 2013 “Miglior attore non protagonista” a Carlo Verdone, “Miglior attrice non protagonista” a Sabrina Ferilli e “Miglior fotografia” 6 Nomination Nastri d’Argento 2013 “Migliori regia”, “Miglior sceneggiatura”, “Miglior colonna sonora”, “Migliori costumi”, “Miglior sonoro in presa diretta”  e “Miglior produzione”; 1 Golden Globes 2014 “Miglior film straniero”; 1 Premio BAFTA 2014 “Miglior film straniero”; 4 European Film Awards 2013 “Miglior film europeo”, “Miglior regista europeo” a Paolo Sorrentino, “Miglior attore europeo” a Toni Servillo e “Miglior montatore europeo” 1 Nomination European Film Awards 2013 “Miglior sceneggiatore europeo”; 1 Nomination Cesar 2014 “Miglior film straniero”.

“La grande bellezza” è un film di Paolo Sorrentino sulla coscienza e sulla vita, ambientato a Roma, la città eterna, l’Urbe.

Il film racconta un periodo della vita del protagonista Jep Gambardella: giornalista, scrittore e critico d’arte. Alla festa del suo sessantacinquesimo compleanno tenuta in una terrazza affacciata sul Colosseo, il protagonista e i suoi ospiti sono immersi in una grande baldoria, in un’apparente ricerca del divertimento e in un disperato tentativo di ritrovare la gioventù persa. Simbolo di tutto ciò è la colonna sonora della festa: il brano degli anni ’70 di Raffaella Carrà “A far l’amore comincia tu” remixato nel 2011 da Bob Sinclair. Jep occupa faticosamente le sue giornate tra interviste ad artisti e personaggi famosi, svegliandosi a mezzogiorno dopo aver trascorso notti brave con un unico obiettivo: rimanere il principe della mondanità “il mondano fra i mondani”. Il suo gruppo di amici del “salotto buono” è composto da autori teatrali falliti e senza nuove idee, ricchi commercianti adulteri e infedeli, facoltose donne di mezza età, religiosi più preoccupati dell’aldiquà che dell’aldilà e scrittori snob e politicamente orientati senza un briciolo di talento. Durante questo periodo la strada di Jep incrocia quella di altri personaggi particolari e intriganti che per un motivo o per un altro si spengono rapidamente ed improvvisamente come lampadine. Jep continua a vivere, o meglio a sopravvivere, riflettendo ma non cambiando.

Gli attori recitano e intrattengono in una scenografia perfetta, portando in giro per Roma lo spettatore: l’Anfiteatro Flavio, Fori Imperiali, Piazza Navona, le terme di Caracalla, i Musei Capitolini, la fontana dell’ Acqua Paola, il Gianicolo, il parco degli Acquedotti, i Muraglioni del Tevere e tanti altri angoli meno conosciuti, ma eccezionali.

Immancabile nei film di Sorrentino e fulcro del cast è l’afragolese Toni Servillo che interpreta con maestria e convinzione i panni di Jep. Fra il gruppo di attori ci sono i romani Carlo Verdone (Romano), Sabrina Ferilli (Ramona), Pasquale Petrolo meglio conosciuto come Lillo del duo Lillo & Greg (Lillo) e Galatea Ranzi (Stefania), i napoletani Carlo Buccirosso (Lello Cava) e Maria Rosaria Forte (Trumeau), infine Pamela Villoresi (Viola), Isabella Ferrari (Orietta), Giovanna Vignola (la direttrice nana Dadina) e Roberto Herlitzka (il cardinale Bellucci).

Simbolo di questo film è certamente il trenino: rappresentazione visiva della vita del protagonista, tanto divertente e spassoso quanto sterile e senza meta.

Al termine del film, ciò che più colpisce è la fredda e oggettiva riflessione di Jep Gambardella sulla propria vita: un’esistenza inutile e superficiale.

Dove si trova allora “La grande bellezza”? Dal mio punto di vista, bisogna cercarla grattando la superficie e scavando nella memoria.

La citazione da segnalare è certamente quella frase pronunciata da Jep commentando la sua età:
“La più sorprendente scoperta che ho fatto subito dopo aver compiuto sessantacinque anni è che non posso più perdere tempo a fare cose che non mi va di fare”.

Il mio giudizio è “Si può vedere” con lo spirito di chi non vuole giudicare, di chi non cerca risposte in questo film e di chi accantona i premi, il successo e i pomposi festeggiamenti (esagerati a mio parere)  che influenzano l’opinione di qualcuno. 

Voto: 6,5/10.

Un pensiero e un sorriso dallo spettatore Alessio


Citazioni: “La più sorprendente scoperta che ho fatto subito dopo aver compiuto sessantacinque anni è che non posso più perdere tempo a fare cose che non mi va di fare”, “È tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore, il silenzio e il sentimento, l'emozione e la paura… Gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza. E poi lo squallore disgraziato e l'uomo miserabile”, “Non volevo essere semplicemente un mondano, volevo diventare il re dei mondani. Io non volevo solo partecipare alla feste, io volevo avere il potere di farle fallire!” e “Finisce tutto così, con la morte. Prima però c'era la vita, nascosta dal bla bla bla…”.

giovedì 10 aprile 2014

PER UN PUGNO DI DOLLARI

Titolo: Per un pugno di dollari;  
Regista: Sergio Leone; 
Attori: Clint Eastwood, Gian Maria Volonté, Marianne Koch, Wolfgang Luschky, Sieghardt Rupp, Josè Calvo, Antonio Prieto, Margarita Lozano;
Durata: 95 min; 
Genere: Western; 
Produzione: Italia, 1964;
Premi: 1 Nastri d’Argento 1965 “Miglior musica” a Ennio Morricone.

“Per un pugno di dollari” è il primo film della “Trilogia del tempo” diretto dal maestro Sergio Leone.

Il film è il caposaldo del genere divenuto famoso al mondo come “spaghetti-western”.

Racconta la vicenda di  un solitario pistolero di nome Joe che giunge in una piccola cittadina al confine fra Stati Uniti e Messico nel 1872: San Miguel. La città è stata spartita da due importanti famiglie: i Baxter che vendono armi e i Rojo che smerciano alcol. Joe offre i suoi servigi da infallibile pistolero alle due famiglie facendo il doppio gioco e portandole più volte allo scontro. Da una parte c’è lo sceriffo e capo famiglia John Baxter, mentre dall'altra lo spietato e violento Ramòn Rojo, famoso per la sua crudeltà e per l’abilità nell’uso del fucile. In seguito ad assassinii, furti, violenze e soprusi, il pistolero solitario si erge a giustiziere liberando Marisol, una giovane donna prigioniera di Ramon. Questo fatto comporterà spiacevoli conseguenze. Ultima fra tutte lo scontro finale fra Ramon e lo stesso Joe al centro della cittadina nel tipico duello western all'ultimo sangue.

Il regista Sergio Leone basa gran parte della sceneggiatura sul copione di “Yojimbo”, film del giapponese Akira Kurosawa del 1961. Nonostante ciò il maestro romano riesce a dare un tocco di originalità e incredibile novità dando vita alla rinascita del western negli anni sessanta e iniziando la sua lunga carriera culminata con “C’era una volta in America”.
I due protagonisti sono: Clint Eastwood e Gian Maria Volonté. Il primo, attore protagonista nel 1959 della serie televisiva western “Rawhide” interpreta meravigliosamente il ruolo di Joe mentre il secondo era all'epoca un attore alle prime armi e riesce a immedesimarsi perfettamente nel carattere brutale e violento di Ramòn. Fanno parte del cast anche: la bellissima Marianne Koch (Marisol), Josè Calvo (Silvanito), Antonio Prieto (Don Benito Rojo), Sieghardt Rupp (Esteban Rojo), Wolfgang Lukschy (John Baxter), la bravissima Margarita Lozano (Consuelo Baxter) e Bruno Carotenuto (Antonio Baxter). Da ricordare il personaggio strepitoso di Piripero, il falegname della cittadine nonché becchino, simpaticissimo e letteralmente matto, interpretato dall’attore austriaco Joseph Egger.

La pellicola riesce a rendere gradevole una serie di carneficine, spietatezze, crudeltà e scene violente, grazie a un insieme di colori, musiche e suoni innovativi ideati dalla magica fantasia di Ennio Morricone.

Il film custodisce una frase che oggi è una citazione conosciuta nel mondo e semplicemente indimenticabile:

“Quando un uomo con la pistola incontra un uomo col fucile, quello con la pistola è un uomo morto.”

D’altro canto c’è un’altra frase che secondo me maggiormente lo identifica:

“Quando si vuole uccidere un uomo bisogna colpirlo al cuore, e un Winchester è l'arma più adatta”.

Il mio giudizio è “Assolutamente da vedere”: l’inizio di un cammino leggendario del maestro Leone che deve essere ripercorso con attenzione e serenità. Il film merita e invoglia lo spettatore a non abbandonare questo particolare genere e questo modo leggendario di fare cinema.

Voto: 8/10.

Un pensiero e un sorriso dallo spettatore Alessio


Citazioni: “Quando un uomo con la pistola incontra un uomo col fucile, quello con la pistola è un uomo morto. È un proverbio messicano”, “Quando si vuole uccidere un uomo bisogna colpirlo al cuore, e un Winchester è l'arma più adatta”, “Un paese che commercia in alcool e armi deve essere molto ricco” e “Quando i padroni sono due, vuol dire che ce n'è uno di troppo”.