domenica 30 marzo 2014

LA BATTAGLIA DI ALGERI

Titolo: La Battaglia di Algeri;  
Regista: Gillo Pontecorvo; 
Attori: Yacef Saadi, Jean Martin, Michele, Fawzia El Kader, Ugo Paletti; 
Durata: 121 min; 
Genere: Drammatico; 
Produzione: Italia, Algeria, 1966;
Premi: 3 Nomination Premio Oscar 1966 “Miglior film straniero”, “Migliori regia” e “Miglior sceneggiatura originale”; 3 Nastri d’Argento 1967 “Miglior regia”, “Miglior fotografia in bianco e nero” e “Miglior produzione”;  1 Leone d’oro di San Marco 1966 “Miglior film” alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

“La battaglia di Algeri” è un film documentario che racconta gli avvenimenti che portano all’indipendenza dell’Algeria.

La città di Algeri nel 1954 è divisa in due grandi quartieri: uno europeo, moderno e ricco e uno arabo, periferico e povero chiamato la “casbah”. La prima parte del film mostra la fase terroristica operata dal Fronte di Liberazione Nazionale in città cioè gli attentati dinamitardi e gli omicidi nei confronti sia della polizia che della popolazione civile francese. Fra i personaggi che spiccano, risalta i giovani rivoluzionari  Ali La Pointe e Halima. Lacrime e sangue scorrono per le strade di Algeri e portano il governo francese ad inviare nella città la 10° divisione di paracadutisti guidata dal tenente colonnello  Philippe Mathieu. L’arrivo del comandante reduce dalla seconda guerra mondiale, dai movimenti antinazisti in Francia, dalla campagna d’Italia e dalla guerra d’Indocina è la svolta della pellicola. I paracadutisti francesi combattono contro un nemico difficile da scovare e da colpire utilizzando i metodi più violenti e infimi. I risultati sono innegabili: il FNL subisce moltissime perdite e sembra quasi sconfitto. Nonostante la repressione e le torture, i francesi non sono in grado di fermare il desiderio di libertà ed indipendenza del popolo che nel 1960 torna in piazza. Dopo  due anni di aspri combattimenti, lutti e dimostrazioni, l’indipendenza sarà sancita il 2 luglio 1962.

Il cast è formato da tutti attori non professionisti con la partecipazione anche di persone che hanno contribuito direttamente al raggiungimento dell’indipendenza. L’unico attore è Jean Martin, nel ruolo del comandante Mathieu, perfetto, sempre composto, rude e glaciale.

Il film segue un ritmo pressoché costante, stringante e martellante nel susseguirsi delle scene.

La pellicola è girata ad Algeri da una produzione quasi interamente italiana grazie al feeling creatosi fra i governi dei due paesi. È una vera denuncia documentata alle atrocità di quel periodo.

Ci sono due particolari che rimangono fissi in modo particolare nella testa dello spettatore. Il primo è l’intero sonoro del film: dai tamburi delle truppe francesi alle musiche intervallanti di Ennio Morricone, dalle urla delle donne della casbah al rumore assordante delle bombe. Il secondo è l’uniforme dei paracadutisti che in patria sono chiamati les lezards, le lucertole.  

Una citazione interessante e riflessiva è la risposta retorica del comandante Mathieu ai giornalisti a proposito dell’opinione di quest’ultimo sulla guerra di Algeria: “La Francia deve rimanere in Algeria?”.

Un film “Assolutamente da vedere” che racconta in maniera cruda e concisa un argomento che i nostri libri di storia non affrontano abbastanza.

Voto: 7,5/10.

Un pensiero e un sorriso dallo spettatore Alessio


Citazioni: “Ma mi spiegate perché i Sartre nascono tutti dall'altra parte?”, “La Francia deve rimanere in Algeria?” e “Sai Alì, una rivoluzione è difficile iniziarla, ancora più difficile è vincerla. Ma quello che sarà veramente difficile verrà dopo che avremo vinto”.

sabato 29 marzo 2014

GHOSTBUSTERS - ACCHIAPPAFANTASMI

Titolo: Ghostbusters;  
Regista: Ivan Reitman; 
Attori: Dan Aykroyd, Sigourney Weaver, Bill Murray, Harold Ramis, Ernie Hudson, Rick Moranis, William Atherton; 
Durata: 107 min; 
Genere: Commedia, fantascienza; 
Produzione: USA, 1984;
Premi: 2 Nomination Premio Oscar 1984 “Miglior canzone” a Ghostbusters di Ray Jr. Parker e “Migliori effetti speciali visivi” ai quattro supervisori degli effetti speciali; 3 Nomination Golden Globes 1984 “Miglior canzone”, “Miglior film” e “Miglior attore” a Bill Murray.

“Ghostbusters” è la pietra miliare del genere comico-fantascientifico.

Tre ricercatori del paranormale vengono cacciati dall’università in cui lavorano per mancanza di risultati. Decidono di fondare una propria società di “Acchiappafantasmi” in una sempre magica New York. I dottori Egon Spengler, Ray Stantz e Peter Venkman investono sull’idea (ormai quasi realtà) di poter imprigionare l’energia psicocinetica che costituisce i fantasmi attraverso i raggi protonici e la ghost-trap. Comprano una vecchia ambulanza Cadillac che diventerà la leggendaria Ectomobile e affittano una fatiscente caserma dei vigili del fuoco per farne la loro base. La prima vittima di questi tre pazzi personaggi è il buffo fantasma Slimer che girovaga all’interno di un hotel facendo tanta confusione e provocando innumerevoli guai. I tre acchiappafantasmi che diventeranno quattro con l’assunzione del fido Winston Zeddemore, incappano in tre personaggi che daranno vita alla vera trama del film: il noioso ed antipatico burocrate Peck, l’affascinante rossa Dana Barrett, la loro prima vera cliente e lo strambo vicino di appartamento Louis. Il fulcro del film ruota intorno al tentativo di reincarnazione di una malefica divinità sumera Gozer da parte dei suoi due adoratori, i guardiani Zuul e Vinz Clortho, che per realizzare il loro obiettivo cercheranno di possedere i corpi di Dana e Louis.

Il cast è semplicemente perfetto per questo genere di film: una spanna su tutti l’eccezionale Bill Murray nel ruolo di Peter, come sempre naturale, quasi annoiato e immancabilmente donnaiolo, poi ci sono l’indimenticabile “Blues Brothers” Dan Aykroyd nel ruolo di Ray, Harold Ramis che interpreta Egon, lo scienziato geniale e metodico, la pluripremiata e bellissima Sigourney Weaver, già protagonista di Alien di Ridley Scott (1979) e il caratterista Rick Moranis, nei ruoli rispettivamente di Dana e di Louis. 

Il film è un’accozzaglia di situazioni quotidiane che il trio Reitman, Aykroyd e Ramis (sceneggiatori della pellicola) fanno diventare esilaranti, paranormali e semplicemente divertentissime.

Gli effetti speciali sono davvero stupefacenti per un film degli anni ’80: la rappresentazione grezza, ma efficace dei mostri guardiani, di Gozer, del bellissimo fantasmino verde Slimer e delle altre sorprese fanno rimanere con la bocca aperta. Tuttavia ciò che rimane impressa nella mente dello spettatore dopo la visione è la colonna sonora di Ray Jr. Parker: semplicemente intramontabile.

Per i più piccoli è un dovere guardare questo capolavoro per ridere davvero tanto sia sulla figura classica dell’eroe pasticcione e imbranato che in generale sui fantasmi, per sconfiggere qualsiasi timore nei confronti dei personaggi del paranormale.

Il mio giudizio non può che essere positivo “Assolutamente da vedere” per la bravura di regista, sceneggiatori e cast e per l’amore, mio personale, verso un film che non annoia mai e che fa sempre fare grandissime risate.

Voto: 8,5/10.

Un pensiero e un sorriso dallo spettatore Alessio.


Citazioni: “Non hai provato a starne fuori, tu non sai che vuol dire: io ho lavorato nel settore privato e pretendono i risultati!”, "Hey Ray, tu credi in Dio? Non ci hanno presentati”, “Venimmo, vedemmo e lo inculammo” e “Mostrate alla troia preistorica come si lavora all’assessorato!”.

venerdì 28 marzo 2014

IL BAMBINO CON IL PIGIAMA A RIGHE

Titolo: Il bambino con il pigiama a righe; 
Regista: Mark Herman; 
Attori: Asa Butterfield, David Thewlis, Vera Farmiga, Zac Mattoon O'Brien, David Hayman, Henry Kingsmill; 
Durata: 93 min 
Genere: drammatico; 
Produzione: Usa, UK, Ungheria, 2008; 
Premi: British Independent Film Awards 2008 “Miglior attrice" a Vera Farmiga e Young Artist Award 2008 "Miglior attore giovane" ad Asa Butterfield.

"Il bambino con il pigiama a strisce" è la riproposizione dell’omonimo romanzo di John Boyne.

Narra la storia toccante di un’amicizia tra due bambini, un tedesco e un ebreo, che vivono insieme il periodo dell’Olocausto. Bruno, figlio di un ufficiale delle SS, incontra e diventa amico di un piccolo prigioniero del campo Shmuel. Il racconto di questa amicizia è struggente: si nota la forza e la genuinità di un sentimento nato fra due piccoli ometti che riescono a volersi bene anche se divisi da rete con il filo spinato.

Il regista britannico Mark Herman focalizza il suo lavoro sulla contrapposizione tra la vita dei prigionieri del campo di concentramento e quella dei carcerieri. Da una parte sono sottolineate le sofferenze e le violenze subite, mentre dall’altra la perversa ricerca dell’efficienza dello sterminio. Questo ultimo aspetto mi ha colpito in modo particolare: l’unione fra ingegno e malignità da parte degli ufficiali nazisti è la prova irrevocabile della loro colpa e dell’impossibilità del perdono umano.

Il film è crudo, triste, scuro e dominato dai medesimi colori della divisa dei prigionieri del campo. Non è certamente di semplice visione: alla fine della pellicola rimarranno impressi gli occhi azzurri di Bruno, gli stracci sporchi di Shmuel e la disperata corsa di Elsa, la madre di Bruno.

Il cast è ricco, ma in particolare spiccano su tutti le interpretazioni di Asa Butterfield nel ruolo di Bruno, di David Thewlis già protagonista di un film indimenticabili come “Sette anni in Tibet” e della saga di “Harry Potter” nel ruolo di Ralf, il padre di Bruno, e di Vera Farmiga che interpreta la madre. Da non dimenticare è la figura dell’ebreo Pavel, interpretato da David Hayman che aggiunge commozione e sconforto al resto della storia.

In conclusione “Il bambino con il pigiama a strisce” è un film che racchiude il significato più doloroso di Olocausto e chi meglio di un bambino innocente può far capire quali crimini il nazismo è stato in grado di compiere.

"Si può vedere" preparandosi ad una drammatica visione.

Un pensiero e un sorriso dallo spettatore Alessio.

Voto: 7/10.

Citazioni: "Noi non dovremo essere amici, dovremmo essere nemici!".

martedì 25 marzo 2014

FRANKENSTEIN JUNIOR

Titolo: Frankenstein Junior ; 

Regista: Mel Brooks; 
Attori: Gene Wilder, Peter Boyle, Marty Feldman, Teri Garr, Madeleine Kahn; 
Durata: 106 min; 
Genere: commedia; 
Produzione: Usa, 1974;
Premi: 2 Nomination Premio Oscar 1974 "Miglior sceneggiatura non originale" e "Miglior suono".
2 Nomination Golden Globes  1975 "Miglior attrice" a Cloris Leachman, "Miglior attrice non protagonista" a Madeleine Kahn.

“Frankenstein Junior” è la parodia del film “Frankenstein” tratto dal meraviglioso romanzo ottocentesco di Mary Shelley

Questa pellicola risale al 1974 e arriva al grande schermo 43 anni dopo il film originale. 
Frutto della brillante e ineguagliabile fantasia di Mel Brooks, racconta la storia del dottor Frankenstein, nipote del celeberrimo medico protagonista della letteratura inglese. Il dottore è un noto professore universitario negli Stati Uniti e dopo la morte del nonno si reca in Transilvania per risolvere delle grane riguardanti l'eredità. La sua vita cambia nel momento in cui arriva al castello del nonno: ci si immerge in un mondo surreale arricchito da personaggi pazzi, ma estremamente comici: il gobbo custode del castello Igor, interpretato magistralmente da Marty Feldman che è certamente il valore aggiunto del cast, la bellissima assistente Inga (Teri Garr), la moglie del dottore Elizabeth (Madeleine Kahn), la collaboratrice del nonno Frau Blucher (Cloris Leachman) e il mostro impersonato dal grande Peter Boyle che riesce ad esprimere perfettamente la caricatura comica dell’originale. A questo punto il dottore, inizialmente contrario agli esperimenti del nonno, si fa persuadere e crea un nuovo mostro. La rinascita della gigante creatura è l’inizio dei guai e delle risate. Il finale è straordinario e divertente, ma allo stesso tempo lascia agli spettatori una delicatissima nota di dolcezza e speranza che scalda il cuore alla visione dei titoli di coda. Ho scelto appositamente di non svelare più di tanto la trama del film per non rovinare la prima visione (certamente la più bella).

Non posso dimenticare l’interpretazione di un altro genio di Hollywood come Gene Wilder (faccia nota per essere il Willy Wonka della Fabbrica di cioccolato), a suo agio nei panni del dottore e nelle inquadrature in primo piano, nonché sceneggiatore a quattro mani con Mel Brooks. 

Il film ha raccolto innumerevoli critiche positive, sarà candidato negli anni successivi a due premi Oscar e a due Golden Globes. Diventa un cult della filmografia statunitense e si aggiudica meritevolmente un posto nella cineteca popolare. 
Dal canto mio penso che sia la perla più brillante fra tutte le parodie e che riesca incredibilmente a far sempre ridere (anche all’ennesima visione), a durare nel tempo ed a lasciare il pubblico sempre soddisfatto.

Rimarrà per sempre impressa l’esilarante la scena dell’arrivo al castello:
“Lupu ulula. Lupululà? Là! Cosa? Lupu ululà e castello ululì!”
Assolutamente “Da non perdere”. 

Voto: 8/10.

Un pensiero e un sorriso dallo spettatore Alessio. 


Citazioni: Lupu ulula. Lupululà? Là! Cosa? Lupu ululà e castello ululì!

domenica 23 marzo 2014

MEDITERRANEO

Titolo: Mediterraneo; 
Regista: Gabriele Salvatores; 
Attori: Claudio Bigagli, Diego Abatantuono, Giuseppe Cederna, Ugo Conti, Gigio Alberti, Claudio Bisio; 
Durata: 95 min 
Genere: commedia, drammatico; 
Produzione: Italia, 1991; 
Premi: Premio Oscar 1992 "Miglior film straniero", 
Nastri d'Argento 1992 "Miglior regia", 
3 David di Donatello 1991 "Miglior film", "Miglior montaggio" e "Miglior suono".

"Mediterraneo" è l'ultimo film della "trilogia della fuga".

La bellezza di questa pellicola, consacrata in campo internazionale con il premio Oscar come miglior film straniero del 1992, sta nella sua semplicità e sobrietà. Il film racconta la vicenda di una truppa di soldati italiani mandati a presidiare una piccola e insignificante isola dell'Egeo. L'ambientazione è magnifica: il mare cristallino, il piccolo porto, le scogliere a strapiombo, la chiesa ortodossa, gli ulivi e le case dei pescatori. Questi soldati vengono dimenticati dai loro superiori, dai loro nemici, dalla guerra, che sta portando dolore, sofferenza e distruzione in tutto il mondo e si ritrovano a vivere per tre anni in un "mondo diverso" lontano da tutti quei fatti che li hanno obbligati a lasciare la propria famiglia, il proprio lavoro e la propria patria. 

La fuga è l’epicentro di questa pellicola ed è il sentimento che colpisce chi non accetta di non poter scegliere il proprio destino. I volti di questi uomini incarnano meravigliosamente l’idea dell’estraneazione dal mondo. Il passare del tempo fa sparire tutte le caratteristiche dei soldati: dalle armi all'amore per la patria, dalla disciplina alla paura. La fuga infine diventa la disillusione nei confronti di quel nuovo mondo che la pace avrebbe portato: diverso da prima, con grandi possibilità e speranze e ripulito dal male e dalle ingiustizie.

Il cast comprende gran parte degli attori provenienti dal cabaret o dal teatro milanese: Diego Abatantuono, nel ruolo del rigido sergente Lorusso, Ugo Conti, Gigio Alberti, Claudio Bisio, Claudio Bigagli e Giuseppe Cederna. Una stupenda e simpatica comparsata è quella di Antonio Catania, nel ruolo del pilota tenente La Rosa, che fu chiamato sul set "principalmente per portare le sigarette dall'Italia" come ha ammesso il regista Gabriele Salvatores in un'intervista.

Parliamo anche di Gabriele Salvatores: penso sia inutile tessere le lodi di un avanguardista del cinema italiano e non saprei come descrivere la mia stima e il mio affetto verso una persona che con i suoi film mi ha fatto crescere e oggi mi regala ancora sorrisi e riflessioni.

In conclusione “Mediterraneo” è un film che racchiude tanti stati d'animo e che esprime la voglia del regista di scappare e di sperare sempre in qualcosa di migliore.
Difatti si chiude con la didascalia paradigmatica: «Dedicato a tutti quelli che stanno scappando».
Assolutamente "Da non perdere"

Voto: 9/10.

Un pensiero e un sorriso dallo spettatore Alessio.

Citazioni: "Chi vive sperando, muore cagando! Lorusso, isoletta dell'Egeo che non conta un cazzo, 1941".


12 ANNI SCHIAVO

Titolo: 12 anni schiavo  
Regista: Steve Mc Queen; 
Attori: Chiwetel Ejiofor, Michael Fassbender, Lupita Nyong'o, SaraH Paulson, Brad Pitt, Benedict Cumberbatch, Paul Dano, Paul Giamatti; 
Durata: 134 min; 
Genere: Biografico, Drammatico; 
Produzione: Usa, 2013;
Premi: 3 Premi Oscar 2014  "Miglior film", "Miglior attrice non protagonista" a Lupita Nyong'o, "Miglior sceneggiatura non originale", 
9 Nomination
1 Premio Golden Globes  2014 "Miglior film drammatico" 7 Nomination
2 Premio BAFTA "Miglior film", "Miglior regista", 8 Nomination.

“12 anni schiavo” è la drammatica storia di un uomo nero libero americano di nome Solomon Northup.

Il film è ambientato in una cittadina dello stato nordista di New York nel 1841. Solomon è un musicista di colore, libero e sposato con una moglie e due figli. Illuso ed ingannato da due brutti ceffi, si ritrova nella condizione di schiavo senza documenti né possibilità di fuga e con il nuovo nome di Blatt. Venduto a uno schiavista nel porto di New Orleans, comincerà a lavorare come taglialegna presso la famiglia Ford, poi passerà alla piantagione di cotone di Edwin Epps. La figura di quest’ultimo proprietario terriero è quella più crudele della pellicola e rappresenta lo stereotipo dello schiavista sudista, che uscirà sconfitto dalla guerra di secessione americana alla fine del secolo. Dopo varie peripezie durate dodici anni, Solomon riesce a tornare dalla propria famiglia. All’interno della storia emerge un crudele triangolo di amore e odio, o meglio di violenza e passione, tra i coniugi Epps e la giovane schiava nera Patsey che riesce a esemplificare non solo la durezza della condizione di schiavo, ma anche le psicosi e la mentalità di quel genere di uomo bianco. 

Il cast è fenomenale: Chiwetel Ejiofor (Solomon Northup), Michael Fassbender (Edwin Epps), Sarah Paulson (Mary Epps), Lupita Nyong’o (Patsey) e Brad Pitt (nel ruolo di Samuel Bass). 

Da sottolineare l’interpretazione di Michael Fessbender e di Lupita Nyong’o, vincitrice del premio Oscar: il primo riesce a diventare sul set duro, cattivo, spietato, perfido, molesto e a tratti pazzo, mentre la giovane attrice naturalizzata keniota porta in primo piano la sofferenza e la resa nei confronti del padrone. 

Il film è bello, a tratti commovente e toccante, purtroppo un po’ lento nelle fasi centrali

Allo spettatore rimangono i colpi di frusta e il dolore nel volto di un uomo che è stato soggiogato da persone senza scrupoli

Il regista Steve McQueen fa suo il libro autobiografico di Solomon Northup e racconta la schiavitù e la successiva riconquista della propria vita da una diversa visuale, quella di un uomo che già conosceva la libertà. La pellicola fa anche riflettere come sia cambiata oggi l’America e quali siano stati i travagliati passaggi per raggiungere questa situazione. 

Il mio giudizio è “Si deve vedere” e si passerà una serata emozionante che lascerà spunto a molte riflessioni.    

Voto: 7,5/10

Un pensiero e un sorriso dallo spettatore Alessio

Citazioni: "Io non voglio sopravvivere. Io voglio vivere" e "Le leggi cambiano, le verità universali restano".

Il GIORNO DELLA CIVETTA

Titolo: Il giorno della civetta  
Regista: Damiano Damiani; 
Attori: Claudia Cardinale, Lee J. Cobb, Franco Nero, Serge Reggiani, Ugo D'Alessio, Tano Cimarosa; 
Durata: 112 min; 
Genere: Drammatico; 
Produzione: Italia, 1968;
Premi: 4 David di Donatello 1968 “Miglior produttore”, “Miglior attrice protagonista” a Claudia Cardinale, “Migliore attore protagonista” a Franco Nero e “Miglior regia” a Damiano Damiani;
2 Nastri d’Argento 1969 “Miglior produzione”.

“Il giorno della civetta” è tratto dall’omonimo romanzo-denuncia scritto da Leonardo Sciascia e pubblicato nel 1961.

Il capitano dei carabinieri Bellodi di origini parmensi viene inviato in un piccolo paesino della Sicilia. Nello stesso periodo viene assassinato il piccolo impresario Salvatore Colasberna e sparisce un muratore Paolo Nicolosi. Il film ritrae tutte le caratteristiche principali delle organizzazioni mafiose: Don Mariano Arena, capomafia con amicizie importanti nella DC, potere illimitato, rispettato e venerato da tutti.; Pizzucco, un uomo spregevole, non molto intelligente, al secondo livello della piramide del potere; Zecchinetta, l’autore materiale degli omicidi, il braccio violento, che non chiede mai ed esegue qualsiasi cosa; Rosa Nicolosi, vittima della sparizione del marito, abbandonata da tutti, vittima della mafia, dell’omertà, del potere, isolata, malgiudicata dal paese e etichettata come una “poco di buono”; Parrineddu, l’informatore dei carabinieri, che non sa tacere (come la legge mafiosa impone); il capitano Bellodi, nordico, bello e integerrimo che rappresenta la giustizia onesta e mai doma anche se circondata da una piovra impossibile da sconfiggere.
Il cast è rilevante: ricordiamo con enorme piacere Claudia Cardinale, stupenda, bellissima e totalmente credibile nel ruolo di Rosa,  Franco Nero nel ruolo del capitano Bellodi, Lee J. Cobb nel ruolo di Don Mariano e uno straordinario Tano Cimarosa, caratterista del mafioso siciliano, nel ruolo di Zecchinetta. Quest’ultimo raccoglie tutte le movenze, gli sguardi e le frasi del tipico manovale violento.

La pellicola è una denuncia, non tanto alla mafia in sé, ma soprattutto verso una popolazione che accetta questi soprusi e non si ribella, perché non è ancora pronta o semplicemente perché va bene così. I tentacoli di questa piovra sono forti, troppo vigorosi per essere sconfitti dal coraggio e dall’arguzia del capitano Bellodi.

Film convincente, serio, forse anche un po' malinconico,: “Assolutamente da vedere”.

Voto: 8,5/10.

Un pensiero e un sorriso dallo spettatore Alessio.

Citazioni: "Io divido l'umanità in cinque categorie: ci sono gli uomini veri, i mezzi uomini, gli ominicchi, poi mi scusi i ruffiani e in ultimo, come se non ci fossero, i quacquaracquà. Sono pochissimi gli uomini, i mezzi uomini pochi, già molti di più gli ominicchi sono come bambini, che si credono grandi. Quanto ai ruffiani, stanno diventando un vero esercito. E infine, i quacquaracquà: il branco di oche" e "Voi mi state dicendo a vostro modo che non parlate perché gli assassini sono ancora in libertà. Ma gli assassini sono in libertà perché voi non parlate".

Due chiacchiere sul termine "FILM"

La Fiaf (Fédération Internationale des Archives du film), definisce il film in questo modo:
Per film occorre intendere ogni registrazione di immagini in movimento, con o senza accompagnamento sonoro, quale che sia il supporto: pellicola cinematografica, nastro video, videodisco, od ogni altro procedimento conosciuto o da inventare”.


Per me il cinema è l’anticamera dei sogni. Il cinema ci permette di distrarci dalla nostra vita, di rincorrere desideri, di immedesimarci in eroi o in bizzarri personaggi, di contemplare le meraviglie del mondo comodamente seduti sul divano. Il cinema è una via di fuga da amare e da coltivare senza abusarne.
Per questo motivo io e i miei amici ci divertiremo a commentare e a raccontare quello che ciascun film è riuscito a trasmetterci in maniera libera e incondizionata. 

"La pelle umana delle cose, il derma della realtà, ecco con che cosa gioca anzitutto il cinema” (Antonin Artaud, commediografo, attore, regista e scrittore francese) 
“Il cinema è un occhio aperto sul mondo” (Joseph Bèdier, scrittore francese)
“Il cinema è uno dei tre linguaggi universali, gli altri due sono la matematica e la musica” (Frank Russel Capra, regista, sceneggiatore e produttore cinematografico italo-americano, vincitore di 4 premi Oscar) 
“Il cinema è un alto artificio che mira a costruire realtà alternative a spese di quella fattuale che gli provvede solo il materiale grezzo” (Umberto Eco, filosofo e scrittore italiano) 
“Il cinema è il modo più diretto per entrare in competizione con Dio” (Federico Fellini, regista e sceneggiatore italiano, vincitore di 5 premi Oscar) 
La televisione crea l'oblio, il cinema ha sempre creato dei ricordi” (Jean Luc Godard, regista, sceneggiatore, critico cinematografico svizzero-francese) 
“Non è necessario essere folli per fare del cinema. Ma aiuta molto” (Samuel Goldwyn, produttore cinematografico statunitense, vincitore di 2 premi Oscar) 
“Cinema. Prigione per gli occhi” (Franz Kafka, scrittore austro-ungarico) 
“La mia invenzione è destinata a non avere alcun successo commerciale” (Louis Lumière, imprenditore francese e inventore del proiettore cinematografico, tra i primi cineasti nella storia) 
“Hollywood è un viaggio nella fogna in una barca col fondo trasparente” (Wilson Mizner, sceneggiatore statunitense) 
"L'arte del cinema consiste nell'approcciarsi alla verità degli uomini, non di raccontare delle storie sempre più sorprendenti” (Jean Renoir, regista, sceneggiatore e produttore cinematografico francese, vincitore di 1 Oscar onorario) 
“I cinematografi: supermercati che vendono amore e paura” (Dino Risi, regista e sceneggiatore italiano) 
"Se il mondo fosse come lo presenta un certo cinema d'oggi, sarebbe un incredibile bordello" (Alberto Sordi, attore, doppiatore e regista italiano o meglio dire romano)
“Oggi tutto è cinema; l’unica cosa che praticamente cambia è dove e come lo si vede” (Gore Vidal, scrittore, saggista, sceneggiatore e drammaturgo statunitense).

Lo spettatore Alessio